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Il lessico delle Costituzioni nella dinamica del federalismo. spunti per un’analisi matematica dei processi di decentralizzazione. (RI §406696)  

- Silvia Bagni

Distinguir Estados federales de regionales, hoy en día, parece ser muy difícil, porque esta clasificación tradicional no se aplica a muchos sistemas constitucionales contemporáneos. De hecho, los sistemas de organización territorial son muy dinámicos y los eruditos tienden a elaborar sus teorías sobre la base del carácter descriptivo, y no sobre criterios prescriptivos. En primer lugar, la autora analiza las cláusulas constitucionales que asignan competencias entre los gobiernos centralizados y descentralizados, ya que representan el principal elemento estático sobre la base a partir de la cual se inició el proceso de federalización. Por otro lado, la autora busca los patrones de desarrollo que se han seguido en los Estados descentralizados contemporáneos, analizando recientes reformas constitucionales en una serie de países europeos. En conclusión, la autora describe las principales características de un nuevo modelo para estudiar el federalismo, inspirado en la teoría matemática del caos.

1.- EL ESTADO FEDERAL COMO SISTEMA DINÁMICO: PROBLEMAS DE CLASIFICACIÓN. 2.- LA APROXIMACIÓN ESTÁTICA: EL ANÁLISIS DE LAS CLÁUSULAS CONSTITUCIONALES DE REPARTO DE COMPETENCIAS ENTRE ESTADO CENTRAL Y ENTES TERRITORIALES. 3.- LA APROXIMACIÓN DINÁMICA: PATRONES DE DESARROLLO EN BASE A UN ANÁLISIS SINCRÓNICO. 4.- PROPUESTA PARA UN ESTUDIO “CAÓTICO” DEL FEDERALISMO.

Palabras clave: Clasificación; Estado federal; Estado regional; Sistema dinámico; Patrones de desarrollo;

Distinguishing federal from regional states appears nowadays to be very difficult, because this traditional classification does not apply to many contemporary Constitutional systems. In fact, systems of territorial organization are very dynamic and scholars tend to elaborate their theories on the basis of descriptive, and not prescriptive criteria. First, the Author analyses Constitutional clauses that allocate competencies between central and decentralized governments because they represent the main static element on the basis of which federalizing process are started. Moreover, the Author seeks what patterns of development are followed in contemporary decentralized states by analisyng recent Constitutional reforms in a series of European countries. In conclusion the Author outlines the main features of a new model to study federalism inspired by the mathematics chaos theory.

1.- LO STATO FEDERALE COME SISTEMA DINAMICO: PROBLEMI DI CLASSIFICAZIONE. 2.- L’APPROCCIO STATICO: L’ANALISI DELLE CLAUSOLE COSTITUZIONALI DI RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE TRA STATO CENTRALE ED ENTI TERRITORIALI. 3.- L’APPROCCIO DINAMICO: PATTERNS DI SVILUPPO IN BASE A UN’ANALISI SINCRONICA. 4.- PROPOSTA PER UNO STUDIO “CAOTICO” DEL FEDERALISMO

Keywords: Classification; Federal State; Regional State; Dynamic System; Patterns of Development; Classificazione; Stato federale; Stato regionale; Sistema dinamico; Patterns di sviluppo;

IL LESSICO DELLE COSTITUZIONI NELLA DINAMICA DEL FEDERALISMO. SPUNTI PER UN’ANALISI MATEMATICA DEI PROCESSI DI DECENTRALIZZAZIONE

Por

SILVIA BAGNI

Titolare di borsa post-dottorato in Diritto pubblico comparato

Università di Bologna

[email protected]

Revista General de Derecho Público Comparado 3 (2008)

<<Può una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?>>

(E. Lorenz, padre della teoria del caos)

SOMMARIO.- 1.- LO STATO FEDERALE COME SISTEMA DINAMICO: PROBLEMI DI CLASSIFICAZIONE. 2.- L’APPROCCIO STATICO: L’ANALISI DELLE CLAUSOLE COSTITUZIONALI DI RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE TRA STATO CENTRALE ED ENTI TERRITORIALI. 3.- L’APPROCCIO DINAMICO: PATTERNS DI SVILUPPO IN BASE A UN’ANALISI SINCRONICA. 4.- PROPOSTA PER UNO STUDIO “CAOTICO” DEL FEDERALISMO.

1. LO STATO FEDERALE COME SISTEMA DINAMICO: PROBLEMI DI CLASSIFICAZIONE

Come ci ricordava poeticamente Scarpelli, la mente umana conosce classificando: ciascun dato viene immagazzinato in uno o più “cassetti” della memoria, secondo etichette che corrispondono alle caratteristiche più rilevanti dell’esperienza che in concreto ce l’ha fatto conoscere. Nel tempo, potrà essere tolto da alcuni cassetti, inserito in altri, buttato nel cestino, e così via. Siamo dunque non solo geneticamente predisposti a classificare (1), ma anche preparati a gestire i “casi difficili”, le sovrapposizioni, le aporie, le eccezioni, ecc.

Le scienze hanno “verbalizzato” questo crittotipo, attraverso i rispettivi metodi di indagine, per cui la classificazione rappresenta uno strumento (2) per arrivare alla conoscenza propria che ogni disciplina scientifica si prefigge.

Nel diritto comparato, le indagini sul metodo hanno messo in luce una distinzione tra classificazioni prevalentemente descrittive e classificazioni con intento prescrittivo (3). Le prime servono a comprendere meglio una realtà o un fenomeno, attraverso l’individuazione dei suoi elementi determinanti (4). Essendo però l’oggetto di studio caratterizzato da grande dinamicità, la classe (o il sistema o il tipo) difficilmente potrà essere esaustiva, senza che ciò ne infici la valenza a fini cognitivi. Il modello prescrittivo, invece, pur partendo sempre da un ordinamento o istituto reale, subisce un processo di astrazione da parte dello studioso, che ne ricostruisce “in laboratorio” la struttura per presentarlo come prototipo, suscettibile di circolazione mediante recezione o imitazione.

Calando queste osservazioni nell’ambito della classificazione delle forme di divisione verticale del potere (che parte della dottrina definisce per l’appunto “tipo di Stato”) sembra che la nota distinzione fra Stato federale e Stato regionale corrisponda a una classificazione del primo tipo. Infatti, pur se la dottrina ha da tempo individuato una serie di caratteristiche astrattamente qualificanti lo Stato federale (5), tali criteri hanno subito e subiscono tali e tante eccezioni da mettere in crisi il modello di volta in volta proposto, tanto da far affermare che <<dal punto di vista scientifico una contrapposizione fra modello federale e modello regionale desta non poche perplessità (…) la differenza fra i due modelli non è qualitativa bensì soltanto quantitativa>> (6). In realtà, anche prendendo una bilancia, affermare genericamente che nello Stato federale il peso delle entità territoriali è nettamente maggiore di quello degli enti corrispondenti nello Stato regionale, sarebbe oggi fuorviante. Basti osservare il caso spagnolo per rendersi conto di come, da un punto di vista meramente quantitativo, tale ordinamento potrebbe considerarsi oggi federale. L’elemento mancante, discriminante per escludere tale classificazione, sembra essere quello della mancata partecipazione degli enti territoriali negli Stati regionali al procedimento di revisione costituzionale (7). Senonché, anche questo parametro patisce vistose eccezioni. L’India infatti, oltre ad autoqualificarsi all’art. 1 <<a Union of States>> (8), è considerata unanimemente dalla dottrina uno Stato federale, ma la Costituzione non prevede garanzie né per il principio di autonomia, né per l’esistenza delle singole entità statali, che possono essere modificate o soppresse mediante legge, col solo vincolo di sentire previamente il parere del Parlamento dello Stato interessato (9).

Il fatto è che <<codesti strumenti concettuali non colgono ed evidenziano “essenze” od “entità” giuridiche realmente esistenti>> ma rappresentano <<avvio all’intelligenza complessiva di ordinamenti ciascuno dotato di una irriducibile individualità>> (10). In altre parole, la funzione di tali categorie è prevalentemente descrittiva.

Parafrasando ciò che è stato detto con riferimento ai sistemi giuridici, <<[il federalismo] non è mai. Esso diviene sempre. Ciò che determina il divenire è il ruolo variabile dei diversi modelli in ciascun sistema>>. Per superare questo limite, addivenendo a una classificazione dinamica, gli autori della citazione propongono di raggruppare i sistemi secondo <<il modello giuridico che in essi svolge il ruolo egemonico>> (11).

L’operazione di sostituzione evoca inoltre la nota teoria dinamica del federalismo elaborata dal Friedrich (12), per il quale, come ci ricorda La Pergola, <<il federalismo è cosa troppo mobile e fluida perché si possa pretendere di descriverne la natura in termini “statici”>> (13), mentre i processi di federalizzazione si caratterizzano per la continua fluttuazione dell’ampiezza delle sfere di competenza del centro e delle singole comunità.

In questo scritto mi propongo di svolgere alcune considerazioni che hanno come presupposto l’impostazione metodologica sopra descritta. Nel § 2 analizzo la struttura delle clausole costituzionali di ripartizione e riallocazione di competenze e funzioni, in quanto perno costituzionale del processo di federalizzazione inteso da Friedrich. Tali clausole sono infatti lo strumento giuridico attraverso cui la volontà politica può diventare realtà normativa in uno Stato di diritto (14), e rappresentano inoltre i parametri per la risoluzione dei conflitti di competenza tra Stato centrale ed entità decentrate. Nel § 3 descrivo la dinamica di tali clausole, non già come norme, prodotto dell’interprete, ma come disposizioni, prodotto del legislatore in sede di riforma costituzionale. Lo studio sincronico delle revisioni costituzionali avvenute in diversi Paesi in un breve lasso di tempo permette di avanzare un’ipotesi ricostruttiva di un attuale pattern di sviluppo del federalismo, che a mio avviso appare al momento “egemonico”, e quindi in grado di individuare una famiglia nell’ampia classe dello Stato da alcuni definito autonomico (15). Infine, nel § 4, si propone di utilizzare i dati così ottenuti per la costruzione della rappresentazione grafica di un sistema federale, ispirata agli studi matematici dei sistemi dinamici.

2. L’APPROCCIO STATICO: L’ANALISI DELLE CLAUSOLE COSTITUZIONALI DI RIPARTIZIONE DELLE COMPETENZE TRA STATO CENTRALE ED ENTI TERRITORIALI

Indipendentemente dal tipo di approccio metodologico prescelto, un’analisi dei sistemi federali non può prescindere dallo studio delle modalità di attribuzione delle competenze ai vari livelli di governo. Anche in una teoria dinamica del federalismo, infatti, lo spostamento delle competenze fra centro e periferia deve necessariamente avere un parametro quantitativo di riferimento. In un modello astratto tale parametro potrebbe essere anche implicito e corrispondere a “0” in un estremo e a “tutte” all’altro; nella realtà invece non può che coincidere con il criterio di attribuzione/ripartizione previsto dall’ordinamento, e dunque tendenzialmente dalla Costituzione (16).

Un primo dato meramente formale, ma che in quanto dato linguistico è anche necessariamente semantico, quindi legato a una particolare “precomprensione” del progetto costituzionale dell’autonomia, si ricava dalla ricognizione dell’utilizzo del termine <<materia>> nella definizione delle compentenze legislative tra Stato centrale ed enti autonomi (17).

Il termine, in italiano, deriva dal latino e significava “sostanza di cui è fatta o da cui deriva qualcosa”. In tutti i campi in cui è stato utilizzato (dalla filosofia alla religione) esprime l’idea di qualcosa di definito, sensibile, con confini certi. Un sinonimo di <<materia>> può essere <<ambito>>, che però ha una connotazione leggermente diversa, derivando dal latino <<ambitū>>, ossia “andare intorno” (tanto che nel diritto romano equivaleva a “broglio elettorale”). La parola <<ambito>> esprime dunque l’idea di qualcosa che è limitato ma con confini mobili, non rigidi. Bisogna avvertire che non sempre l’utilizzo di questi termini nella Costituzione e nei testi giuridici segue l’etimologia della parola e, soprattutto in diritto pubblico comparato, il momento della traduzione comporta il rischio di perdere molte delle sfumature semantiche di un termine (18). Che non si tratti di meri problemi astratti ma di questioni che possono avere un ruolo attivo nel momento di attuazione del testo costituzionale lo ha dimostrato la Corte costituzionale italiana, che ha fondato la propria interpretazione dell’attribuzione della competenza residuale tra Stato e Regioni sulla distinzione semantica tra <<materia>> e <<ambito>> (19).

La sez. 8 della Costituzione americana è intitolata <<Legislative Power>>. Nell’elencazione dei <<Powers>> (così identificati anche nella cd. clausola dei poteri impliciti, al c. 18) si ritrova una sola volta il termine <<subject>> riferito a <<Bankruptcies>>. Se si scorre l’elenco punto per punto, si nota immediatamente come esso non definisca “materie” in senso stretto, ma attribuisca, appunto, “poteri” o “compiti”. L’elencazione è dunque impostata in vista dell’azione statuale necessaria per il raggiungimento del fine proprio dell’attività o dell’azione pubblica (20). L’unica clausola che introduce una vera e propria “materia”, la commerce clause, è quella su cui si è giocato l’intero andamento del rapporto Federazione-Stati attraverso le sentenze della Corte Suprema (21).

Nelle altre Costituzioni federali che pur si ispirano a quella americana troviamo invece un’impostazione differente, più marcatamente basata su “materie”. La Costituzione canadese si esprime proprio in termini di <<subjects>>, sia per le competenze esclusive dello Stato (art. 91), sia per quelle delle Province (art .72 ss.). La Costituzione australiana non usa il termine ma di fatto elenca “materie” (sez. 51 e 52), anche se utilizza la parola <<matters>> quando si tratta di competenze innominate correlate a quelle nominate (sez. 51 c. XXXVI e XXXIX) (22).

Quanto ai Paesi dell’America latina, la Costituzione brasiliana elenca una serie di compiti e poteri della Federazione e delle entità decentrate, sullo stile statunitense (artt. 21 e 23 ), per poi passare ad un elenco di materie sia per la competenza legislativa esclusiva della Federazione che per quella concorrente (artt. 22 e 24; all’art. 48 vengono espressamente definite <<matérias>>). Anche la Costituzione argentina riprende lo stile nordamericano, elencando compiti e attività (art. 75o, dove solo al n. 1 si trova l’espressione <<legislar en materia aduanera>>), così come quella venezuelana (artt. 156 e 164, mentre all’art. 187, dove si parla di competenza legislativa, ci si riferisce a <<las materias de la competencia nacional>>). Infine, la Costituzione messicana all’art. 73 produce un lungo elenco di <<facultades>> federali, nel quale si intersecano compiti, attività e materie.

Nel continente europeo, in Spagna si ha una vera e propria elencazione per <<materias>>. Anche in Italia, l’art. 117, c. 2 parla di <<materie>>, salvo poi il fatto che, come la dottrina e la Corte stessa non hanno mancato di evidenziare, in realtà in molti casi si tratta di <<non-materie>>. Questo perché dopo la riforma del 2001 è scomparso dal testo costituzionale ogni riferimento all’interesse nazionale, ma, non bastando il non menzionarlo per eliminare il problema di come assicurare le esigenze di disciplina unitaria su alcune materie (23), nell’elenco del 117 sono state inserite clausole che agiscono sulle materie nominate come attrattori di competenza allo Stato in vista di esigenze unitarie di tutela insopprimibili in qualunque Stato decentrato (24). La Costituzione tedesca usa il termine <<Bereich>>, che corrisponde più propriamente al nostro <<ambito>> e viene tradotto in inglese come <<matter>> (artt. 72, 73 e 74). La scelta linguistica sembra qui corrispondere al tipo di federalismo patrocinato dai costituenti e che si è effettivamente sviluppato in Germania, ossia una <<ripartizione funzionale di compiti e nel prevalere di una ripartizione di funzioni per “tipo di competenza” (Kompetenzarten), vale a dire legislazione o amministrazione, anziché per “materia” (Kompetenzfelder)>> (25). <<Matter>> viene usato anche per la traduzione della parola <<Angelegenheiten>> nella Costituzione austriaca (artt. 11 e ss.), che al plurale assume il significato di <<affari o questioni>>. Lo stesso termine tedesco <<Angelegenheiten>> nella Costituzione svizzera all’art. 39, viene tradotto nelle versioni ufficiali italiana e inglese con le parole <<materia>> e <<matters>>. Confrontando però anche il resto delle disposizioni, la traduzione italiana sembra piuttosto letterale. Infatti, nel contesto dell’art. 39, non si fa riferimento ad una vera e propria “materia”, quanto all’ambito delle reciproche competenze. Tant’è che nel titolo III, che si occupa di <<Confederazione, Cantoni e Comuni>>, il reciproco ambito di competenze non è individuato attraverso un’elencazione di materie, ma per compiti. Così nel capitolo 2, dedicato alle <<Competenze>>, per ogni “materia” si procede a specificare quali sono i “compiti” della Confederazione e quali quelli dei Länder.

Un medesimo approccio si ritrova nella Costituzione sudafricana, dove la competenza legislativa è suddivisa fra i livelli nazionale, provinciale e municipale per <<functional areas>>, le quali individuano di fatto “materie”, ma che sono evidentemente da interpretare alla luce di un principio di ripartizione funzionale e non nominalistico.

Si può concludere, a fini classificatori, che l’opzione per un sistema di elencazione dei rispettivi ambiti di intervento tra Stato ed enti autonomi è generalizzata, ma ne varia l’oggetto: nella maggior parte degli ordinamenti si elencano “materie” da regolare, laddove la legislazione può avere origine dal centro, dalla periferia o mista; mentre in alcuni casi si indicano “compiti o attività” da eseguire, su cui un unico livello o entrambi intervengono tanto sul piano della normazione che su quello dell’esecuzione. Nessuno dei due sistemi esclude controversie e conflitti, ma sicuramente (l’esempio americano è illuminante), la “materia” ha confini molto più difficili da tracciare.

Il secondo dato che emerge dall’analisi dei testi costituzionali è la presenza in tutti di una o più clausole di salvaguardia del potere centrale. Negli ordinamenti di cultura o ispirazione anglosassone prende la forma dei cd. implied powers (26); negli ordinamenti europei la forma dell’<<interesse nazionale>> nelle sue varie declinazioni. In Spagna l’art. 150, c. 3 prevede che <<El Estado podrá dictar leyes que establezcan los principios necesarios para armonizar las disposiciones normativas de las Comunidades Autónomas, aun en el caso de materias atribuidas a la competencia de éstas, cuando así lo exija el interés general. Corresponde a las Cortes Generales, por mayoría absoluta de cada Cámara, la apreciación de esta necesidad>>. In Germania il ruolo centrale era giocato dall’art. 72, c. 2 sulla legislazione concorrente (27). In Austria, non esiste una clausola generale applicabile ad ogni materia, bensì il richiamo a esigenze di disciplina unitaria viene fatto ad hoc per alcune materie individuate dalla Costituzione (28). In Svizzera, dopo la riforma del 2000, l’art. 42, c. 2 recita: <<[La Confederazione] Assume i compiti che esigono un disciplinamento unitario>>. Non esistono invece nel nostro testo clausole di salvaguardia dei poteri statali, né di supremazia del diritto statale in caso di conflitto, né procedure di concertazione e cooperazione su materie concorrenti, tantomeno esclusive. L’unico riferimento in tal senso si trova all’art. 118, dedicato alle funzioni amministrative, che introduce al primo comma i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza come criteri per la riallocazione delle suddette funzioni a livelli superiori di governo; al terzo comma la possibilità che lo Stato fissi con propria legge <<forme di coordinamento fra Stato e Regione>> in tre ambiti di competenza esclusiva statale.

Anche in questo caso, la Costituzione sudafricana si allinea a quelle europee, prevedendo alla sez. 44, c. 2: <<Parliament may intervene by passing legislation, in accordance with section 76(1), with regard to a matter falling within a functional area listed in Schedule 5 [materie eslcusive delle Province], when it is necessary (a) to maintain national security; (b) to maintain economic unity; (c) to maintain essential national standards; (d) to establish minimum standards required for the rendering of services; or (e) to prevent unreasonable action taken by a province which is prejudicial to the interests of another province or to the country as a whole>>.

Nella Costituzione brasiliana, dove la competenza legislativa concorrente ex art. 23 è esercitata in maniera piena da tutti e tre i livelli di governo, si stabilisce che <<Lei complementar fixará normas para a cooperação entre a União e os Estados, o Distrito Federal e os Municípios, tendo em vista o equilíbrio do desenvolvimento e do bem-estar em âmbito nacional>> (corsivo mio); inoltre l’art. 34 riconosce ampi poteri di intervento all’Unione, anche nel caso di <<garantir o livre exercício de qualquer dos Poderes nas unidades da Federação>> nonché <<assegurar a observância dos seguintes princípios constitucionais: a) forma republicana, sistema representativo e regime democrático; b) direitos da pessoa humana; c) autonomia municipal; d) prestação de contas da administração pública, direta e indireta. e) aplicação do mínimo exigido da receita resultante de impostos estaduais, compreendida a proveniente de transferências, na manutenção e desenvolvimento do ensino e nas ações e serviços públicos de saúde>>.

È interessante evidenziare la collocazione delle clausole appena esaminate nella struttura del testo costituzionale. La clausola dei poteri impliciti rappresenta una porta aperta attraverso la quale possono entrare nell’elenco dei poteri/compiti/ambiti di intervento esclusivo della Federazione un numero x di nuove materie rispetto a quelle nominate. Per questo motivo tale clausola chiude la disposizione in questione, essendo considerata come una “materia innominata”. Le disposizioni sull’interesse nazionale nelle sue diverse formulazioni, invece, producono un effetto differente poiché spostano compiti/materie già previsti da un livello a un altro. Agiscono dunque sulle materie nominate come criteri di distribuzione della titolarità delle stesse e per questo dovrebbero stare al di fuori degli elenchi di compiti/materie: così avviene in Spagna con l’art. 150, in Germania con l’art. 72, in Svizzera con l’art. 42, in Sudafrica con la sez. 44, c. 2.

Ancora, tra le altre clausole che costituiscono strumenti per la soluzione di conflitti legislativi (29), c’è quella di prevalenza del diritto federale sul diritto statale, che si trova in molte Costituzioni di ordinamenti decentrati (art. VI, c. 2 cost. USA; art. 31 cost. Argentina; sez. 109 cost. Australia; art. 133 cost. Messico; art. 7 cost. Venezuela; art. 31 GG; art. 49, c. 1 cost. Svizzera (30); art .149, c. 3 cost. Spagna) e, in alcuni casi, la previsione di forme di negoziazione del conflitto (31), in aggiunta, nei Paesi federali, alle procedure di partecipazione statale istituzionalizzata al momento legislativo federale attraverso la seconda Camera.

L’ordinamento capofila su questo aspetto è sicuramente quello svizzero (32). La sezione 2 del titolo III è infatti intitolata <<Collaborazione fra Confederazione e Cantoni>>, e l’art. 44 enuncia i principi di tale rapporto: <<La Confederazione e i Cantoni collaborano e si aiutano reciprocamente nell’adempimento dei loro compiti. Si devono rispetto e sostegno. Si prestano assistenza amministrativa e giudiziaria. Le controversie tra i Cantoni o tra i Comuni e la Confederazione vanno composte per quanto possibile con il negoziato e la mediazione>>. Viene dunque costituzionalizzato il negoziato come strumento di risoluzione dei conflitti fra i due livelli di governo. Anche la Costituzione austriaca prevede la possibilità di concludere accordi tra Bund e Länder nelle materie di reciproca competenza (art. 15a).

In Germania gli artt. 91a e b hanno introdotto i cd. “compiti comuni” in materie di importanza strategica per lo sviluppo sociale come, prima della riforma, l’educazione, il miglioramento delle strutture economiche regionali, del sistema agricolo e la preservazione costiera e il sistema di cooperazione in materia di educazione e ricerca scientifica. Nel caso dei compiti comuni, materie di competenza concorrente e statale vengono disciplinate con legge federale alla determinazione della quale il Land interessato, attraverso il Bundesrat, partecipa in maniera determinante, mentre al finanziamento del progetto partecipano entrambi i livelli al 50%.

La previsione dell’art. 91b permette una gestione elastica e flessibile della materia, in quanto dà la possibilità di disciplinarla mediante intese e accordi tra i livelli di governo interessati (33).

In Spagna non esistono clausole di questo tipo (34), però in un certo senso la concertazione tra i due livelli di governo è stata anticipata al momento genetico della titolarità della materia. Infatti il regionalismo spagnolo è di tipo differenziato: ciò significa che le singole Comunità possono – e concretamente tutte lo hanno fatto – appropriarsi tramite Statuto delle materie non espressamente elencate (art. 149, c. 3) (35). In questo modo, il possibile contenzioso, seppur non azzerato del tutto, viene ridimensionato dalla natura “contrattuale” dell’attribuzione.

Infine, la Repubblica sudafricana imposta l’impianto autonomico dello Stato sui principi di <<co-operative government and intergovernmental relations>>. La sez. 41, infatti, postula come dovere di ciascuna sfera di governo quello di <<co-operate with one another in mutual trust and good faith by –(i) fostering friendly relations; (ii) assisting and supporting one another; (iii) informing one another of, and consulting one another on, matters of common interest; (iv) co-ordinating their actions and legislation with one another; (v) adhering to agreed procedures; and (vi) avoiding legal proceedings against one another>>. Inoltre, non solo la Costituzione impone di evitare i conflitti intergovernativi, ma fissa il criterio del <<every reasonable effort>> come condizione procedurale affinché la disputa possa essere giudicata da una corte (sez. 41, cc. 3 e 4).

Le clausole e le procedure appena viste non eliminano certo il contenzioso tra Stato centrale e autonomie nei rispettivi ordinamenti, però servono sicuramente a deviare sul piano politico il conflitto, da una parte, e come strumenti di chiusura del sistema, dall’altra (36). Laddove mancano clausole di coordinamento il principio di esclusività delle competenze porta invece a un irrigidimento della Costituzione e all’aumento della conflittualità, come dimostra il caso canadese (37).

3. L’APPROCCIO DINAMICO: PATTERNS DI SVILUPPO IN BASE A UN’ANALISI SINCRONICA

Un approccio statico fotografa l’assetto costituzionale federale in vigore nel momento in cui lo studioso svolge la propria analisi; d’altra parte, l’approccio dinamico coglie i rapporti di forza fra enti nel loro concreto esplicarsi. Resta schiacciata fra i due poli la dinamica della Costituzione, il suo divenire non attraverso il passaggio interpretativo dalle disposizioni alle norme, bensì per espressa volontà riformatrice. Pur se tale sub-processo è destinato a integrare l’analisi statica in precedenza considerata, all’interno di una comparazione sincronica di diversi ordinamenti la dinamica delle riforme costituzionali è in grado di svelare o anticipare autonomi patterns di sviluppo, da confrontare successivamente con il risultato delle rispettive applicazioni.

Le riforme costituzionali che hanno interessato negli ultimi anni numerosi Paesi europei mi danno la possibilità di esplicitare tale affermazione.

Nel 2006 Germania e Regno Unito hanno rimesso mano al rispettivo impianto autonomico. Nella Repubblica federale tedesca la riforma ha investito in maniera determinante tutte le clausole esaminate in precedenza. In particolare, è stato praticamente riscritto l’art. 72 sulla legislazione concorrente. Esso prevede ora tre modalità diverse di esercizio: in base al primo comma la Federazione può intervenire nelle materie individuate dal nuovo art. 74 senza obbligo di motivazione, trasformandosi di fatto tale competenza in un’aggiunta di ambiti alla legislativa esclusiva; il secondo comma ripropone la previgente modalità di esercizio della legislazione concorrente, limitando però il numero di ambiti su cui essa si esercita; il terzo comma introduce infine la possibilità per i Länder di emanare leggi in deroga a quelle del Bund nelle materie ivi indicate. In quest’ultimo caso non vige più il principio di prevalenza del diritto federale, ma viene indicato come criterio risolutore di eventuali conflitti normativi quello temporale. Inoltre, la riforma svuota di fatto il contenuto dei compiti comuni, abrogando la parte cruciale dedicata alla costruzione e ampliamento delle scuole superiori e limita ulteriormente il settore degli accordi di cooperazione. L’obiettivo dichiarato di questi interventi era, nelle intenzioni del legislatore − oltre a quello di limitare il peso del Bundesrat nel processo legislativo federale attraverso la fissazione, all’art. 104a, di un nuovo criterio per individuare le leggi soggette al suo assenso − definire meglio compiti e responsabilità dei vari livelli di governo e in particolare potenziare l’autonomia dei Länder, attraverso la ridefinizione degli elenchi di materie/ambiti e della procedura concorrente, soddisfando in questo modo le istanze provenienti dagli Stati economicamente più forti di poter sfruttare al meglio le risorse delle rispettive realtà territoriali (38).

Nel Regno Unito, il Government of Wales Act 2006 prevede che l’Assemblea gallese, nell’elenco delle materie (sono fields, quindi “ambiti”, quelle che nel nostro sistema corrisponderebbero a materie – come agricoltura, cultura, ambiente, ecc.– mentre matters è usato solo per delimitare attività precise all’interno di un field) individuato dalla legge, possa appropriarsi della funzione legislativa semplicemente esercitandola, salvo che il Secretary of State non ponga il veto sull’approvazione tramite order in council per uno dei motivi indicati all’art. 101. Tra questi si legge: <<a) would have an adverse effect on any matter which is not specified in Part I of Schedule 5>> e <<c) would have an adverse effect on the operation of the law as it applies in England>>. Si tratta di clausole generali di delimitazione della competenza regionale − come funzionano, in modo chiaramente più incisivo, quelle sull’interesse nazionale o sui livelli essenziali delle prestazioni in altri ordinamenti − che, per la loro indeterminatezza, sono in grado di bloccare l’autonomia legislativa regionale e riespandere quella centrale, tra l’altro mai ceduta in quanto a titolarità, poiché il comma 5 dell’art. 93 afferma che <<This Part does not affect the power of the Parliament of the United Kingdom to make laws for Wales>> (39). Il Government of Wales Act 2006 rappresenta dunque un passo molto cauto verso l’ampliamento dell’autonomia del Galles nel senso pieno del termine, proprio per ora della sola Scozia. Il legislatore britannico pare aver scelto una strada a metà fra il regionalismo contrattato spagnolo, dove le materie in cui le Comunità si appropriano della funzione legislativa, in base al meccanismo costituzionale dell’art. 148, c. 2, vanno definitivamente a integrare il novero di quelle di competenza esclusiva regionale, e le funzioni legislative <<à titre expérimental>> introdotte con la riforma costituzionale francese del 2003. Anche la Francia, infatti, ha recentemente modificato la Costituzione in senso “decentralizzato”, come recita ora l’art. 1. La riforma si è mossa nella direzione, già anticipata da diverse precedenti innovazioni legislative, di attribuire potestà anche legislative agli enti locali e di permettere un’ampia differenziazione fra esse, nell’intento di redistribuire le funzioni di governo non soltanto in base al principio di sussidiarietà, ma anche valorizzando all’interno di un medesimo ambito territoriale le peculiari risorse sociali, economiche, culturali. Il nuovo articolo 72, c. 4, prevede infatti che le collettività territoriali possano, rispettando le condizioni poste dalla legge o dal regolamento che disciplina il singolo caso, derogare a titolo sperimentale, per una durata e un oggetto limitati, alle disposizioni normative dello Stato centrale (40).

Se ai casi sopra citati si aggiunge che la Spagna sta attraversando in questo momento una fase di revisione degli Statuti di autonomia, dove le Comunità spingono al massimo il riconoscimento del loro carattere di nazionalità e quindi le rispettive diversità, pur nel contesto dello Stato unitario spagnolo (41); se si richiama l’art. 116 della Costituzione italiana, come modificato dalla riforma del 2001, che prevede, sull’esempio spagnolo, la possibilità per ciascuna Regione di negoziare con lo Stato forme ulteriori di autonomia, pare dunque confermata una tendenza attuale alla riscoperta dell’anima asimmetrica del federalismo, asimmetria che, rispetto agli ordinamenti considerati, solo in pochi casi e solo in superficie è giustificata da fattori storici, nazionalistici o linguistici, bensì collegata essenzialmente a ragioni di efficienza e funzionalità nel rispondere alle diverse esigenze del territorio, qualora esistenti (42). Ovunque si garantisce a livello costituzionale la “possibilità” di differenziazione, attraverso clausole o sistemi di clausole ad hoc, ma l’effettiva attivazione del meccanismo viene subordinata a un giudizio di “opportunità” dell’ente territoriale che considera una molteplicità di elementi fattuali e sul quale lo Stato centrale può sempre intervenire con intensità differente a seconda che sia ex ante (Spagna, Italia, Francia, Regno Unito) o ex post (Germania). Inoltre, la procedura di differenziazione utilizza lo strumento legislativo, e non quello costituzionale, permanendo in ultima analisi la titolarità della funzione allo Stato centrale, attraverso un sistema a confine mobile. Seguendo questa chiave di lettura il modello spagnolo diventa il caso anomalo, poiché da una parte le Comunità storiche, animate da rivendicazioni anche di tipo nazionalistico, fanno da traino rispetto alle altre Comunità, che si accodano attivando procedimenti di revisione per non perdere l’occasione di ampliare le proprie competenze; dall’altro il procedimento statutario va a sostituirsi de facto a quello di revisione costituzionale (43).

4. PROPOSTA PER UNO STUDIO “CAOTICO” DEL FEDERALISMO

Lungi dal rappresentare una riproduzione fotostatica di come il federalismo si traduca in formule giuridiche, e tantomeno dal fornire un quadro completo ed esaustivo della sua attuale evoluzione, le osservazioni svolte vorrebbero costituire uno spunto per un nuovo “modello di studio” del federalismo. Si è detto che il problema della classificazione degli Stati decentrati sta nel fatto che si tratta di sistemi dinamici, che si trasformano al variare di molteplici fattori di natura diversa, normativa, economica, socio-culturale. Ciò ha portato gli studiosi a desistere dal formulare teorie generali sul federalismo, sfuggendo il controllo di tali variabili alla natura prescrittiva, quindi predittiva, delle classificazioni. In matematica e fisica, tuttavia, esistono leggi per gestire sistemi altamente instabili; è stato addirittura dimostrato, attraverso le formule che si basano sulla teoria del caos, che esiste un ordine nelle variazioni che subiscono questi tipi di sistemi (44). Con le dovute cautele e i necessari “distinguo”, forse le basi concettuali di tale teoria potrebbero essere applicabili anche allo studio dei sistemi federali, permettendo di superare quella cesura fra essere e dover essere che politologi e giuristi si rimproverano reciprocamente, senza sacrificare nessuna delle due prospettive.

Se dovessimo rappresentare graficamente i dati sui sistemi federali raccolti con l’approccio normativo, statico e dinamico, svolto nei §§ 2 e 3, sarebbero sufficienti gli strumenti della tradizionale geometria euclidea-cartesiana. Verrebbero in considerazione solo due variabili: sull’asse delle ascisse si porrebbe la variabile temporale e su quello delle ordinate le competenze svolte dalla Federazione o dagli Stati. L’aspetto normativo (formale, rappresentato dal numero di materie/ambiti su cui l’ente esercita le proprie competenze in base alla Costituzione) risulterebbe rappresentato graficamente da una linea retta parallela all’asse x, che subirebbe innalzamenti o abbassamenti in corrispondenza delle riforme costituzionali; l’aspetto attuativo (sostanziale, rappresentato dalle funzioni effettivamente esercitate), sarebbe invece espresso da una curva sinusoidale. Sovrapponendo i grafici dei diversi Paesi si otterrebbe una visione di insieme, al contempo diacronica e sincronica, sull’evoluzione del federalismo dalle sue origini ad oggi. Si otterrebbe però un modello ipersemplificato, che cerca di risolvere un sistema non lineare riducendolo alla versione lineare che più gli si avvicina, ossia considerando i sistemi federali come complicati, ma non complessi (45).

La teoria del caos, applicata alle più diverse scienze fisiche e umane, cerca di superare questo approccio analitico, che scompone un problema nella somma dei suoi elementi semplici, più facilmente trattabili, affrontando la realtà nella sua complessità. In alternativa, dunque, si potrebbero considerare anche gli elementi non-normativi del federalizing process come altrettante variabili da rappresentare contemporaneamente nell’immagine. Si dovrebbe quindi ragionare non su un piano cartesiano ma su uno spazio costituito da più dimensioni, dove ciascun punto rappresenta l’intero sistema in un dato momento, i punti si muovono nel tempo disegnando traiettorie che dovrebbero avere come attrattore l’assetto costituzionale delle competenze, concepito come il punto di quiete del sistema.

Con questi strumenti, la verifica circa l’esistenza di patterns comuni sarebbe agevole, essendo graficamente rappresentata dalla sovrapposizione delle traiettorie. Resterebbe allo studioso solo il compito di cercare quali eventi e fattori normativi, economici, storici e culturali, si sono manifestati in corrispondenza dei punti di sovrapposizione. Chiaramente, tra i fattori normativi verrebbero in gioco tutti i tradizionali criteri di classificazione già individuati dalla dottrina, non considerati in astratto, ma in virtù del loro impatto effettivo sul processo di federalizzazione in un dato momento.

Non mi risulta che la teoria del processo di federalizzazione sia mai stata sperimentalmente verificata in prospettiva giuridico-comparatistica, mettendo contemporaneamente a confronto più Paesi alla ricerca di patterns comuni. La teoria politologica del federalizing process è stata costruita sulla base di verifiche diacroniche limitate a singoli Paesi, considerando ogni esperienza come in sé conchiusa e indifferente al “rumore” di quelle vicine, senza che ciò abbia avuto un significativo impatto sull’impostazione dello studio giuridico dei sistemi federali, e viceversa. L’impostazione qui proposta, chiaramente multidisciplinare, potrebbe portare ulteriori sviluppi nella teoria di Friedrich: il movimento potrebbe tendere comunque verso la stabilità dell’attrattore, e dunque della Costituzione oppure svelare l’esistenza di “turbolenze” o “caos” in determinati momenti, ossia di comportamenti che si allontanano dall’attrattore, pur autoregolandosi, che potrebbero condurre alla scelta formale di riformare la Costituzione.

Esistono studi in ambito giuridico su singoli ordinamenti federali che hanno seguito un’impostazione storico-evolutiva, conforme alla teoria friedrichiana. Ad es., è stato messo in luce come negli Stati Uniti, a Costituzione invariata, in un primo periodo la Corte Suprema avesse sostenuto una lettura costituzionale del federalismo favorevole al manifestarsi della più ampia autonomia da parte degli Stati nelle questioni di politica interna e alla compressione del potere federale negli angusti ambiti di intervento individuati attraverso una interpretazione rigorosa della Costituzione; poi, con il New Deal, ci sia stata una svolta e il dilagare dei poteri federali, soprattutto attraverso l’interpretazione estensiva della commerce clause; infine, dagli anni ’90 in poi, si possano individuare nuovi segnali giurisprudenziali di riscoperta di limiti giustiziabili all’esercizio delle competenze normative da parte della Federazione (46). Si tratterebbe di trasformare graficamente questi dati secondo il modello fisico-matematico proposto, svolgere la medesima operazione con altri ordinamenti e confrontarli sistematicamente fra loro. Dalla comparazione si trarrebbe infine la risposta alla domanda iniziale, se cioè davvero il battito d’ali della farfalla “federale” brasiliana possa creare una spinta tale da avviare un uragano riformatore negli Stati Uniti o altrove. Che si tratti di un “disordine ordinato” resterebbe la tesi da dimostrare.

NOTAS:

(1). Tanto che per indicare che una persona è talentuosa si dice comunemente che “ha classe”. La parola deriva dal latino classis, usato per indicare la divisione della popolazione in base al censo. La prima classe corrispondeva al ceto più abbiente, da cui, per estensione, l’uso a indicare la misura dei pregi, onde il senso di “classico” (v. N. Tommaseo, B. Bellini, Dizionario della lingua italiana, II, Utet, Torino, 1929).

(2). Mai dunque un fine in sé stesso. Di questo i giuscomparatisti sono ben consapevoli (v. solo a titolo esemplificativo L. Pegoraro, A. Rinella, Diritto pubblico comparato. Profili metodologici, Cedam, Padova, 2007, p. 79 e U. Mattei, P.G. Monateri, Introduzione breve al diritto comparato, Cedam, Padova, 1997, pp. 52-53) per cui le critiche al «vizio della passione classificatoria» mosse da autorevole dottrina (G. Bognetti, Federalismo, Utet, Torino, 2001, p. 114) credo siano da intendere dirette essenzialmente a impostazioni di tipo dogmatico.

(3). Generalizzo in questi termini la contrapposizione fra modello e sistema rilevata da A. Gambaro e R. Sacco (Sistemi giuridici comparati, II ed., Utet, Torino, pp. 20-23) e fra modello e tipo individuata da G. de Vergottini (“Modelli costituzionali e innovazione”, Dir. Pubbl. comp. eur., IV/1999, p. 1326), intendendo che il modello è “esemplare” non solo perché concretamente imitato ma anche perché astrattamente imitabile.

(4). L’espressione è stata coniata da L. Constantinesco, di cui v. da ultimo La scienza dei diritti comparati, Giappichelli, Torino, 2003.

(5). Cfr. ad es. T. Groppi, Il federalismo, Laterza, Roma-Bari, 2004, p. 11; S. Ventura, Il federalismo, il Mulino, Bologna, 2002, pp. 34 ss.

(6). G. de Vergottini, voce “Stato federale”, in Enc. dir., XLIII, Giuffrè, Milano, 1990, p. 859.

(7). Assumeva questa posizione già G. Lucatello, voce “Stato federale”, in Nss. digesto it., XVIII, Unione tipografica, Torino, 1971, pp. 354 ss., il quale riteneva che Stato federale e Stato regionale si distinguessero per la loro forma di governo. Recentemente sostiene con forza la validità della distinzione in virtù di tale criterio classificatorio A. Reposo, voce “Stato federale”, in Enc. giur., XXX, Istituto della Enciclopedia italiana Treccani, Roma, 1993, p. 6 e Id., Profili dello Stato autonomico. Federalismo e regionalismo, II ed., Giappichelli, Torino, 2005.

(8). Sul valore delle autoqualificazioni costituzionali v. L. Pegoraro, Autoqualificazioni ed etero qualificazioni del federalismo: il linguaggio della Costituzione e delle proposte di riforma, in S. Baldin, L. Pegoraro, A. Rinella, Tre lezioni sul federalismo, E.U.T., Trieste, 1999, pp. 19 ss.

(9). «Art. 3. Parliament may by law—

(a) form a new State by separation of territory from any State or by uniting two or more States or parts of States or by uniting any territory to a part of any State;

(b) increase the area of any State;

(c) diminish the area of any State;

(d) alter the boundaries of any State;

(e) alter the name of any State:

Provided that no Bill for the purpose shall be introduced in either House of Parliament except on the recommendation of the President and unless, where the proposal contained in the Bill affects the area, boundaries or name of any of the States, the Bill has been referred by the President to the Legislature of that State for expressing its views thereon within such period as may be specified in the reference or within such further period as the President may allow and the period so specified or allowed has expired».

(10). G. Bognetti, Federalismo, cit., p. 57.

(11). U. Mattei, P.G. Monateri, Introduzione breve al diritto comparato, cit., pp. 58-59.

(12). C.J. Friedrich, Trends of Federalism in Theory and Practice, Pall Mall Press, London, 1968.

(13). A. La Pergola, Tecniche costituzionali e problemi delle autonomie «garantite». Riflessioni comparatistiche sul federalismo e il regionalismo, Cedam, Padova, 1987, p. 124. Per un concetto analogo A. Grosse, Il sistema federale tedesco tra continuità e nuove dinamiche, Clueb, Bologna, 2001, p. 13: «il federalismo tout-court non esiste, bensì esistono vari federalismi» e che «quand’anche in ogni sistema federale siano riscontrabili modelli (Grundmuster) e rapporti di struttura tipici, l’elaborazione del principio federativo dipende dai contesti storici specifici nei quali viene creato e si sviluppa».

(14). La prospettiva politologica e quella giuridica sono dunque complementari, non escludenti. È una risposta a quanto si trova in G. Pasquino, Lo Stato federale. Un manuale per capire, un saggio per riflettere, il Saggiatore, Milano, 1996, p. 46 («Ricker attribuisce la differenza fra questi tipi di federalismo [più o meno accentrato] non, come farebbero i giuristi, alle leggi oppure alle clausole e ai dispositivi costituzionali, ma alla natura del sistema partitico»).

(15). Per quest’ultima espressione vedasi A. Reposo, Profili dello Stato autonomico, cit. Preciso che nel testo utilizzo le espressioni Stato autonomico, Stato federale e Stato regionale come equivalenti.

(16). Tendenzialmente, ma non necessariamente. Sulla natura sostanzialmente costituzionale della devolution nel Regno Unito si discute: cfr. G.W. Jones, The Multi-Dimensional Constitution in the United Kingdom: Centralisation and Decentralisation, in A. Torre, L. Volpe (a cura di), La Costituzione britannica – The British Constitution. Atti del convegno dell’Associazione di Diritto pubblico comparato ed europeo, Bari, Università degli Studi, 29-30 maggio 2003, I, Giappichelli, Torino, 2005, pp. 393 ss.

(17). Un’interessante analisi di impianto metodologico simile sarebbe quella sulla diversa interpretazione da parte delle Corti di medesime “materie”, ossia di medesimi termini o sintagmi identificativi di ambiti di intervento legislativo e amministrativo. Un esempio può essere quello della opposta lettura della commerce cluase in Canada e negli Stati Uniti: v. in proposito G. D’Ignazio, Federalismi a confronto. Alcune considerazioni su Canada e Stati Uniti, in S. Gambino, C. Amirante (a cura di), Il Canada. Un laboratorio costituzionale. Federalismo, Diritti, Corti, Cedam, Padova, 2000, p. 214. Oppure, da un punto di vista diacronico, il significato del termine «agricoltura» nella giurisprudenza della Corte italiana, o di «ordinamento civile», su cui diffusamente G. Alpa in AA.VV., “L’uso giurisprudenziale della comparazione giuridica”, Quad. della Riv. trim. dir e proc. civ., nº 7, Giuffrè, Milano, 2004. Sull’ampiezza semantica dei termini giuridici restano miliari le parole del giudice Marshall in McCulloch v. Maryland sul contenuto della cd. necessary clause: «The word “necessary” is of this description. It has not a fixed character peculiar to itself. It admits of all degrees of comparison; and is often connected with other words, which increase or diminish the impression the mind receives of the urgency it imports. A thing may be necessary, very necessary, absolutely or indispensably necessary».

(18). V. sul problema delle traduzioni giuridiche R. Sacco, J. Constantinesco, R. David. Sulla centralità dell’argomento nel dibattito scientifico v. gli atti del convegno “La traduzione del diritto comunitario ed europeo: riflessioni metodologiche”, svoltosi a Trento, 10-11 marzo 2006 sul sito http://www.jus.unitn.it/SERVICES/arc/2006/0310/home.html.

(19). Si tratta della celeberrima sent. 303/2003: «Ed è opportuno chiarire fin d’ora, anche per rendere più agevole il successivo argomentare della presente sentenza, che la mancata inclusione dei “lavori pubblici” nella elencazione dell'art. 117 Cost., diversamente da quanto sostenuto in numerosi ricorsi, non implica che essi siano oggetto di potestà legislativa residuale delle Regioni. Al contrario, si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale afferiscono e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potestà legislative esclusive dello Stato ovvero a potestà legislative concorrenti» (punto 2.3, corsivo mio). V. anche il commento di A. Ruggeri, C. Salazar, “Le materie regionali tra vecchi criteri e nuovi (pre)orientamenti metodici di interpretazione”, Federalismi.it, 14/2003 e in Scritti in memoria di Livio Paladin, Jovene, Napoli, 2004, pp. 1943 ss.

(20). Secondo una vecchia ma ancora attuale distinzione che in dottrina si ritrova in G. Corso, “Elenchi di materie di competenza legislativa e criteri di classificazione”, Foro amm., 1971, III, pp. 569 ss.

(21). La letteratura in merito è sterminata. V. recentemente D.T. Coenen, Constitutional Law: The Commerce Clause, Foundation Press, New York, 2004, pp. 3 ss. e la bibliografia ivi citata. In realtà qualche sentenza si è basata anche sulla Welfare Clause, ma la vera battaglia per l’ampliamento della potestà legislativa federale si è giocato sulla clausola del commercio, in base alla quale è stata introdotta la maggior parte della normativa federale a tutela dei diritti civili e contro la discriminazione razziale, mentre la stessa clausola degli implied powers, su cui la nostra dottrina così tanto insiste, è di fatto quasi sempre stata usata ad adiuvandum, in quanto non individua una “materia” a sé stante, ma si collega necessariamente con quelle positivamente enunciate: v. per questa posizione G. Bognetti, voce “Commerce Clause”, Digesto disc. priv., III, UTET, Torino, 1988; C. Bologna, “Advice and consent nell’evoluzione del federalismo americano”, in Le istituzioni del federalismo, 2/2002, pp. 398 ss.

(22). Non sembra dunque esserci uno scarto semantico in inglese tra i termini «subject» e «matter», tanto che nei dizionari vengono usati reciprocamente per spiegare il significato dell’altro vocabolo e vengono addirittura usati congiuntamente «subject matter» col significato di “the topic dealt with or the subject represented in a debate, exposition, or work of art” (v. ad es. l’Oxford Dictionary of English, II ed. revised, 2005). È molto interessante notare come il Black's Law Dictionary, Definitions of the terms and phrases of American and English Jurisprudence, Ancient and Modern (a cura di Henry Campbell Black, IV ed. revised, West Publishing Co., 1968) definisca «subject» come “thing legislated about or matters on which Legislature operates to accomplish a definite object or objects reasonably related one to the other (Crouch v. Benet, 198 S.C.185, 17 S.E.2d 320, 322)”. La definizione stessa di materia porta con sé nell’uso costituzionale un ambito che si estende al “ragionevolmente correlato”. Si trova ancora nel testo: «The constitutions of several of the states require that every act of the legislature shall relate to but one subject, which shall be expressed in the title of the statute. But term “subject” within such constitutional provisions is to be given a broad and extensive meaning so as to allow legislature full scope to include in one act all matters having a logical or natural connection». Ringrazio per le ricerche bibliografiche e semantiche in questa nota la dott.ssa Maria Canelli dell’Università di Ginevra.

(23). Come segnalato da diversi commentatori della riforma e dalla stessa Corte costituzionale nella sent. 303/2003, è inimmaginabile che il limite dell’interesse nazionale, inteso come «istanze unitarie» possa ritenersi scomparso: cfr. A. Barbera, “Chi è il custode dell’interesse nazionale”, Quad. cost., 2/2001, pp. 345 ss. e gli interventi in tema sul Forum on-line di Quaderni costituzionali, nonché il punto 2 del considerato in diritto della sent. 303/2003.

(24). Sulla peculiare struttura di tali “materie” v. tra i tanti A. D’Atena, “Materie legislative e tipologia delle competenze”, Quad. cost. 1/2003, pp. 15 ss.

(25). A. Grosse, Il sistema federale tedesco tra continuità e nuove dinamiche, cit., p. 29.

(26). «To make all Laws which shall be necessary and proper for carrying into Execution the foregoing Powers» (sez. 8, n. 18 cost. USA); «to make Laws for the Peace, Order and good government of Canada» (art. 91, c. 1 cost. Canada); «(xxxix) Matters incidental to the execution of any power vested by this Constitution in the Parliament or in either House thereof, or in the Government of the Commonwealth, or in the Federal judicature, or in any department or officer of the Commonwealth» (sez. 51 cost. Australia); «Hacer todas las leyes y reglamentos que sean convenientes para poner en ejercicio los poderes antecedentes, y todos los otros concedidos por la presente Constitución al Gobierno de la Nación Argentina» (art. 75o, n. 32 cost. Argentina, ma v. anche il n. 18 «Proveer lo conducente a la prosperidad del país, al adelanto y bienestar de todas las provincias, y al progreso de la ilustración, dictando planes de instrucción general y universitaria, y promoviendo la industria, la inmigración, la construcción de ferrocarriles y canales navegables, la colonización de tierras de propiedad nacional, la introducción y establecimiento de nuevas industrias, la importación de capitales extranjeros y la exploración de los ríos interiores, por leyes protectoras de estos fines y por concesiones temporales de privilegios y recompensas de estimulo», corsivo mio); «Toda otra materia que la presente Constitución atribuya al Poder Público Nacional, o que le corresponda por su índole o naturaleza» (art. 156, nº 33 cost. Venezuela; sulle potenzialità accentratrici di tale disposizione v. L. Melica, Federalismo e libertà. I modelli di Messico, Argentina e Venezuela, Cedam, Padova, 2002, pp. 258 ss.).

(27). V. ad es. R. Arnold, “Problemi attuali del federalismo tedesco”, in M.P. Viviani Schlein, E. Bulzi, L. Panzeri (a cura di), L’Europa tra federalismo e regionalismo. Atti del convegno tenutosi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università dell’Insubria il 22/23 novembre 2002, Giuffrè, Milano, 2003, pp. 3 ss.

(28). La formula che si utilizza è «soweit ein Bedürfnis nach Erlassung einheitlicher Vorschriften vorhanden ist», che si ritrova agli artt. 10, c. 1, n. 12 e 11, c. 1, n. 7, 11., cc. 2, 5, 6.

(29). Sul fatto che tali tipi di clausole agiscano come criteri per la risoluzione dei conflitti e non come clausole di attribuzione della competenza v., a proposito dell’art. 31 GG, L. Mezzetti, “Il sistema federale tedesco”, in S. Gambino (a cura di), Regionalismo, federalismo, devolution. Competenze e diritti. Confronti europei (Spagna, Germania e Regno Unito), Giuffrè, Milano, 2003, p. 182: «Non si tratta di una “Kompetenznorm” che toglie valore all’autonomia degli stati membri stabilendo un rapporto gerarchico tra diritto federale e regionale, bensì di una “Kollisionsnorm”. Essa cioè è destinata ad operare esclusivamente in caso di conflitto tra una norma federale e una statale che regolino la stessa materia in modo divergente».

(30). La Costituzione canadese conosce clausole di prevalenza del diritto federale su quello statale solo in alcune materie di competenza concorrente (v. ad es. artt. 92A, c. 3 e 95).

(31). Anche se non costituzionalizzato, lo strumento negoziale è stato ampiamente utilizzato in Argentina negli anni ’90: cfr. L. Melica, Federalismo e libertà, cit., p. 168. Segnala invece come in Spagna «Ciò che manca, dunque, per percorrere la via federale è il superamento di ogni espressione di disunione e l’avvio di forme di maggiore collaborazione e lealtà. Non più bilateralità, ma più “multilateralità”». R. Blanco Valdés, “Cinque tesi sul decentramento in Spagna”, in S. Gambino (a cura di), Regionalismo, federalismo, devolution, cit., p. 131.

(32). Sul ruolo della cooperazione nel federalismo svizzero v., tra gli altri, S. Gerotto, La partecipazione di Regioni e Cantoni alle funzioni dello Stato centrale: gli ordinamenti italiano e svizzero a confronto, Helbing & Lichtenhahn, 2003; B. Knapp, “Suisse: competences distinctes et taches communes”, in M.P. Viviani Schlein, E. Bulzi, L. Panzeri (a cura di), L’Europa tra federalismo e regionalismo, cit., pp. 245 ss.; M.P. Viviani Schlein, “Federalismo e regionalismo in Svizzera. Recenti sviluppi”, in A. Lang, C. Sanna (a cura di), Federalismo e Regionalismo. Esperienze italiana, Svizzera e dell’Unione europea a confronto, Giuffrè, Milano, 2005, pp. 107 ss.

(33). In Germania, «il federalismo esecutivo e unitario ha creato un’interdipendenza permanente e strutturale tra le burocrazie federali e quelle dei Länder, contribuendo all’intensa attività di cooperazione e di coordinamento verticale (tra Federazione e Länder) e orizzontale (tra Länder)» (F. Palermo, J. Woelk, Germania, il Mulino, Bologna, 2005, p. 32). Ugualmente gli Autori segnalano che un tale sistema può andare in crisi «in assenza di reale volontà cooperativa» (p. 43).

(34). Anche se di fatto si realizza una cooperazione biunivoca tra Stato e singola Comunità attraverso conferenze settoriali e accordi intergovernativi. Cfr. R. Scarciglia, D. Del Ben, Spagna, il Mulino, Bologna, 2005, p. 50.

(35). Qualora lo Statuto non provveda, l’art. 149, c. 3 prevede una clausola residuale a favore dello Stato. Il Tribunal ha però dato un’interpretazione della clausola residuale simile a quella della Corte italiana nella sent. 303/2003: v. in proposito J. Lozano Miralles, “Il ruolo del Tribunale costituzionale spagnolo nella costruzione dello Stato autonomico”, in S. Gambino, C. Amirante (a cura di), Il Canada. Un laboratorio costituzionale, cit., pp. 174 ss.

(36). Quanto alla Germania, ad es., si nota come il contenzioso costituzionale tra Bund e Länder sia tutto sommato piuttosto scarso, mentre in Spagna la via giurisdizionale è senz’altro preferente (cfr. C. Padula, L’asimmetria nel giudizio in via principale. La posizione dello Stato e delle Regioni davanti alla Corte costituzionale, Cedam, Padova, 2005, pp. 79 ss. e bibliografia ivi citata e p. 97). Lo stesso Autore ricorda come già da tempo parte della dottrina segnala che la sede appropriata per la soluzione dei conflitti di competenza è quella politica, pur non condividendo la posizione di succedaneità delle due vie di tutela e difendendo il ruolo attivo delle Corti costituzionali in merito (p. 383 ss.). Sul ruolo delle clausole esaminate nel testo nella dinamica dei conflitti competenziali v. anche le osservazioni di M.P. Viviani Schlein, “Esperienze autonomistiche a confronto”, in M.P. Viviani Schlein, E. Bulzi, L. Panzeri (a cura di), cit., in particolare pp. 327 ss.

(37). Cfr. A. Rinella, “La ripartizione delle competenze legislative nel sistema federale canadese”, in S. Baldin, L. Pegoraro, A. Rinella, Tre lezioni sul federalismo, cit., pp. 37-40.

(38). Sulla riforma del federalismo tedesco v. la sezione monografica a cura di G.F. Ferrari, “Sviluppi del modello federale in Germania alla luce della revisione costituzionale di luglio 2006”, Dir. pubbl. comp. eur., 1/2007, p. nonché R. Arnold, “The Federalism Reform in Germany”, Rev. gen. der. públ. comp., 1/2007, pp. 155 ss.

(39). Sulle novità introdotte dal Government of Wales Act 2006 v. J.O. Frosini, “«Devolution» e diritti sociali”, in A. De Oto, F. Botti (a cura di), Federalismo fiscale, principio di sussidiarietà e neutralità dei servizi sociali erogati. Esperienze a confronto. Atti del Convegno di Ravenna, 4-6 maggio 2006, Bononia University Press, Bologna, 2007, pp. 428-430 nonché le “Cronache costituzionali dall’estero. Regno Unito”, Quad. cost. dal 2005 in poi.

(40). Sulla revisione francese si vedano gli interventi all’interno del numero monografico di Amministrare, 2/2003, dedicato a Le regioni nella Costituzione francese.

(41). Nel preambolo del nuovo Statuto di Catalogna, approvato con la legge organica 6/2006 si legge: «El autogobierno de Cataluña se fundamenta en la Constitución, así como en los derechos históricos del pueblo catalán que, en el marco de aquélla, dan origen en este Estatuto al reconocimiento de una posición singular de la Generalitat. Cataluña quiere desarrollar su personalidad política en el marco de un Estado que reconoce y respeta la diversidad de identidades de los pueblos de España», e ancora «El Parlamento de Cataluña, recogiendo el sentimiento y la voluntad de la ciudadanía de Cataluña, ha definido de forma ampliamente mayoritaria a Cataluña como nación. La Constitución Española, en su artículo segundo, reconoce la realidad nacional de Cataluña como nacionalidad».

(42). Cfr. F. Palermo, “Divided we stand”. “L’asimmetria negli ordinamenti composti”, in A. Torre (a cura di), Processi di devolution e transizioni costituzionali negli Stati unitari (dal Regno Unito all’Europa). Atti del Convegno dell’Associazione di Diritto pubblico comparato ed europeo. Bologna, Università degli Studi, 24-25 novembre 2006, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 149 ss.

(43). Per una posizione critica rispetto a questo sviluppo del regionalismo/federalismo spagnolo v. E. Álvarez Conde, “Algunas reflexiones sobre el modelo de estado a la luz de las reformas estatutarias”, in E. Álvarez Conde (coord.), El futuro del modelo de estado, Imap, Madrid, 2007, pp. 27 ss.

(44). Per una introduzione “laica” alla teoria del caos si v. J. Gleick, Caos. La nascita di una nuova scienza, Rizzoli, Milano, 2006.

(45). Sulla complessità e sulla distinzione fra complicato e complesso si veda A.F. De Toni, L. Comello, Prede o ragni. Uomini e organizzazioni nella ragnatela della complessità, Utet, Torino, 2005, in particolare pp. 13 ss.

(46). Vedi G. Bognetti, Lo spirito del costituzionalismo americano. I. La Costituzione liberale, Giappichelli, Torino, 1998 e Id., Lo spirito del costituzionalismo americano. II. La Costituzione democratica, Giappichelli, Torino, 2000.

 
 
 

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